Final report. Esche artificiali: parole, materialità e metafore. La storia di come abbiamo conosciuto un esempio di artificiialità

E' passato un po' di tempo dal primo post sul significato della parola (step A), dal quale, senza accontentarci della lingua italiana (definizione inglese), abbiamo spulciato nei dizionari inglesi e francesi (dizionario multilingue, step U). Abbiamo poi giocato con le parole e con le lingue, e tra queste anche con il Salentino (un dialetto, come esempio) perché abbiamo imparato che il mondo delle esche è quello della caccia e della pesca, e i protagonisti di questi mondi sono i personaggi da piccolo paese, quali il nostro Rapala (step W). Il passo delle definizioni linguistiche è stato fondamentale:  le cose danno un senso alle parole, ma è solo attraverso esse che possiamo comunicare il senso delle cose, la loro anima, le loro funzioni, la loro struttura. Sul finire, quando abbiamo accumulato un bagaglio lessicale significativo, ci siamo anche misurati con le nostre conoscenze, cercando di redigere un abbecedario dell'esca artificiale, cercando di far emergere aspetti, trasversali e non, della nostra ricerca.

Successivamente, abbiamo iniziato, quindi, ad occuparci maggiormente dell'aspetto materiale dell'esca artificiale. In particolare, attraversando la strada maestra della tassonomia, abbiamo raccolto e descritto gli elementi, le forme ed i materiali delle cose sostitutive dell’esca artificiale, o le sue specifiche (step D, E, F, G). Da tutte queste caratteristiche ne sono emerse alcune, tra cui la grande visibilità, il poco dispendio economico (si pensi a comprare 20 euro di gamberetti ogni qual volta si deve fare un'uscita di pesca), la comodità nella conservazione degli artificiali e soprattutto aspetti etici, che con gli anni sono tramutati in leggi (nazionali e regionali). Cercando queste informazioni ci siamo imbattuti tra i siti delle fiorenti aziende produttive, in mezzo alle loro storie, che a loro volta ci hanno portato a conoscere altri racconti, luoghi e vite (step V e X).

Non accontentandoci, ci siamo affidati alla ricerca. Abbiamo difatti cercato le correlazioni tra fondali marini e caratteristiche dell'esca naturale (per il caso delle esche da pesca). Investigato, quindi, il rapporto tra morfologia ed una qualche proprietà dell'esca naturale, è stato quindi facile capire quali caratteristiche rintracciare e risaltare maggiormente nella nostra copia artificiale. Partendo quindi da semplici schemi, ci siamo buttati alla scoperta dei migliori luoghi, sempre in virtù del "mettere in luce i punti di forza della riproduzione artificiale" e delle relative tecniche di pesca o caccia (come ad esempio lo spinnig)

Studiata quindi la morfologia dell’esca artificiale, denudata la sua materialità, approfonditi i numeri e le statistiche inerenti la materia, abbiamo rivolto l’attenzione al suo legame antropologico con il circostante: quanto questa cosa artificiale abita il mondo? Si sono allora cercate le metafore della cosa artificiale e,  in particolare,  si è focalizzata l’attenzione  su tre modi di dire: fungere da “specchietto per le allodole” (modo di dire inserito, anche, in un fantastico sketch di uno dei film della rodata coppia Arena-Troisi), essere “lampara” (e qui ci siamo affidati alle note di Mannarino), e poi essere un “cavallo di troia”. Per quest’ultimo esempio, siamo partiti da una notizia, che punta a modificare la simbologia e l’immagine legata al mito, ma non il senso ed il suo legame metaforico con il mondo dell’esca artificiale.  Fatta una digressione sull'esca “cavallo di Troia”, ho riflettuto brevemente su altri tipi di esche: quelle informatiche che ci arrivano per posta elettronica mediante dei files (chiamati, per l’appunto, “troian”). In seguito, l’argomento esca, è divenuto un motivo di confronto con mio padre: per lui una minigonna è un’esca per uomini, per me il  suo era un discorso retrogrado e maschilista. Insomma: l’esca è divenuta uno spunto per un confronto generazionale!


Con un rapido passaggio su opere di narrativa e canzoni, abbiamo visto un gioco, interamente integrato sulla caccia, in cui si ha una modellizzazione virtuale delle esche artificiali e dei loro effetti (nel video game infatti si possono usare da richiami odorosi, ad esche di tipo visivo). Tuttavia gli opposti si risaltano, e allora ho immaginato un mondo in cui non hanno senso d’esistere le esche (naturali ed artificiali): BoJack Horseman, la famosa serie, in cui sono ribaltati i normali canoni, in cui animali e uomini vivono assieme, sono sullo stesso piano, e quindi non ci sono cacciati e cacciatori, un modello in cui le esche artificiali non hanno senso di esistere (step Y). 

Nel nostro cammino della conoscenza, invece, abbiamo fin da subito conosciuto i vari rischi, con i vari casi, senza prediligere i nostri occhi verso un tipo di esca rispetto l’altro. Abbiamo quindi concluso con trattazioni di questa portata, facendo i distinguo del caso, e capendo quali decisioni spettino alle varie istituzioni.

Questo blog ci ha portato alla condivisione di 60 post e devo ammettere, svestendo per un attimo i panni del relatore, che da sempre ho avuto la passione per la pesca: da bambino ho sperimentato ogni sorta d’artificiale che ho trattato, negli ultimi anni pre-universitari avevo iniziato anche a creare da zero le mie esche: questo studio è stata l’opportunità per dare  fondamenta didattiche a piccoli fattori che avevo notato e mi avevano dato soddisfazione. Avessi avuto una guida, come quelle che ad esempio vi ho suggerito, sarei stato meno bricoleur e più tecnico ma, almeno, ne ho guadagnato in inventiva ed è quello che vi invito a fare.

Che sia quindi per le parole di un bambino che racconta la giornata di pesca con il padre ed i fratelli (nel quale rivedo me stesso), che siano dei racconti di caccia, che sia per la voglia di cimentarvi nel miglioramento di un brevetto esistente, studiando i fattori che abbiamo imparato a maneggiare per dare vita ad un un buon artificiale, che sia per la voglia di creare un nuovo video-gioco come quello visto, beh, qualunque sia il motivo, considerate il mondo delle esche come una possibilità ai tecnicismi delle nostre quotidianità: fatto di improvvisazione, di oggetti, profumi e colori può essere uno spiraglio verso la riconquista dei propri spazi, sull'onda della creatività e dell'immaginazione. Noi siamo le cose che ci circondano e, attraverso esse, attraverso quanto siamo capaci di affogare una parte di noi in esse, potremo lasciare un segno del nostro passaggio. 



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